Rimborsi arbitri.Gavazzi:” Pagati tutti”, Valbusa:” Non è cosi avanzo somme del 2017″

 

UN GRIDO DI DOLORE
Gentile Presidente,
sono un arbitro regionale della sezione di Treviso. Ho letto sul Gazzettino la sua replica all’articolo di Malfatto e vorrei soffermarmi sul punto dove dice, a proposito dei rimborsi degli arbitri regionali, che sono state pagate tutte le spettanze fino a marzo 2018. Mi rincresce contraddirla ma non è, almeno nel mio caso, così: io avanzo dalla FIR 210,00 euro per 3 servizi di varia natura (tutoraggio, arbitraggio, corso allievi arbitri). Il primo di questi risale a novembre 2017; il secondo a gennaio 2018 ed il terzo a marzo 2018. Per carità, una cifra del genere non sposta la vita a nessuno ma mi sembra giusto che un arbitro venga pagato per i servizi che presta e che tale pagamento avvenga in tempi ragionevoli; senza bisogno di continui solleciti, agli incolpevoli uffici preposti, che trasformino quella che è una richiesta legittima in una sorta di questua che non è dignitosa né per l’arbitro, né per la Federazione. In verità, il ritardo nei pagamenti è solo una della cause, e neppure quella principale, della stato di malessere che sta attraversando il movimento arbitrale. E tra le cause principali non annovererei neppure i tagli “lineari” (a cominciare proprio dalle diarie per finire poi ai tutoraggi) al budget della nostra categoria. La causa principale del malcontento è lo stato di minorità in cui viene tenuta la nostra categoria; la sensazione di essere la Cenerentola, l’ultima ruota del carro del rugby italiano: arbitri “tollerati”, perché non se ne può fare a meno, ma niente di più.
E mi creda Presidente quando Le dico che tale malessere è profondo e molto diffuso. Prova ne sia il sorgere di un’associazione come ARIA che mi sembri rappresenti un unicum all’interno del mondo arbitrale italiano (non ho contezza di un’associazione simile che riguardi arbitri di altre discipline sportive). Ed un unicum mi pare anche la struttura del nostro movimento che non è autocefala ma ha come referente un tesserato che arbitro non è. Un’anomalia che non mi sembra abbia precedenti nella storia della nostra federazione ma neppure in quella di altre federazioni affiliate al Coni: se lo immagina un Nicchi (presidente dell’AIA, l’associazione degli arbitri di calcio) che deve far capo, per ogni decisione importante o per la ratifica di una promozione, a Mancini o a Capello o qualche altro tecnico federale? Questo, naturalmente, senza nulla togliere al nostro Presidente Mauro Dordolo che è persona seria, capace e competente ma comunque costretta a muoversi in limitata autonomia. Come lo sarebbe qualsiasi altro presidente legato a quel letto di Procuste che disciplina attualmente i rapporti tra CNAr e Federazione.
Autonomia, ecco cosa Le chiedono soprattutto gli arbitri italiani. Non resti insensibile al loro grido di dolore.
Grazie dell’attenzione.
Cordialmente,
PAOLO VALBUSA
Tessere federale 8890

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